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Piatrinopenia ed embolizzazione della milza.

Una carenza di piastrine è frequente in pazienti affetti da cirrosi epatica. Ho voluto qui accennare ad alcuni aggiornamenti in proposito.

Una piastrinopenia può essere dovuta a varie cause: un sequestro di piastrine in una milza aumentata di volume, consumo di alcol, deficit di folati, alterata produzione di piastrine da depressione midollare ad eziologia virale, sepsi, farmaci, cause immunologiche, diminuita produzione epatica di trombopoietina nei cirrotici;  una piastrinopenia è presente in una ampia percentuale di casi (11-64%, Omer) in un quadro di ipersplenismo ed ipertensione portale, nei pazienti cirrotici giungendo anche a forme severe nel 13% dei pazienti (Gangireddy 2014) con un numero inferiore a 50.000/mm3.

Esistono diverse osservazioni di ipersplenismo anche di pazienti in lista per trapianto o dopo il trapianto (Mousa)

Alcuni autori segnalano che il costo terapeutico annuale in pazienti cirrotici con piastrinopenia sia il triplo di coloro che non presentano una piastrinopenia.  Le trasfusioni di piastrine non sono efficaci in quanto la loro emivita è molto breve ed inoltre per il fatto che presto si sviluppa una allo immunizzazione (Gangireddy).

Il trattamento della piastrinopenia nei pazienti con malattie epatiche è riassunto efficacemente da Gangireddy; sostanzialmente le procedure utilizzabili sono la splenectomia (aperta o) (Mousa 2012) laparoscopica, l’embolizzazione della milza e la Radiofrequenza.

Dopo splenectomia “aperta” l’incidenza di una complicanza quale la trombosi portale (Ikeda) sarebbe dell’8-10%. Tale incidenza sarebbe  ancora maggiore nelle splenectomie laparoscopiche (Gangireddy). Dopo splenectomia aperta si riferiscono anche fistole pancreatiche (Sibulesky);

Nel caso di situazioni con ipersplenismo e splenomegalia,  alcuni autori (Omer 2014)  hanno sperimentato con successo l’embolizzazione della milza.  I primi approcci di embolizzazione totale risalgono al 1973 (Sibulesky). Dal 1979 (Spigos) cominciarono ad essere riportati casi di embolizzazione parziale, interessando il 65% del parenchima splenico; la tecnica di embolizzazione parziale (PSE partial splenic embolization), preferibilmente selettiva distale inferiore, è oggi preferita rispetto a quella totale, per la minore incidenza di ascessi e di sepsi. Un fattore che viene ritenuto importante è che  evitando una splenectomia totale chirurgica si eviterebbe il rischio di una overwhelming post-splenectomy infection (OPSI)(Mousa);

Trombosi splenica o portale sono anche riportate (Yoshida) dopo PSE e riferite ad un a eccessiva riduzione del flusso portale con un aumento troppo rapido della conta piastrinica.

L’estensione della embolizzazione parziale sembra  mantenere una relazione nell’efficacia a lungo termine della embolizzazione (Moreno).

Tra le indicazioni alla PSE esistono in Letteratura diverse PSE in pazienti con Cirrosi da virus HCV con piastrinopenia che altrimenti non renderebbe possibile una terapia antivirale (Ikeda), o pazienti piastrinopenici candidati a radiofrequenza per epatocarcinoma che divennero trattabili dopo PSE con rialzo piastrinico; e trapianti epatici con ipersplenismo (Moreno, Mousa, Yoshida, Sockrider). I risultati sono sempre riferiti come positivi.

Omer riporta 4 casi nei quali essenzialmente il diametro bipolare della milza in pazienti cirrotici oscillava tra 16 e 22 cm; una embolizzazione sufficiente dovrebbe coinvolgere il 30 % (Lee) – 50% del tessuto splenico (Sockrider); l’effetto di innalzamento delle piastrine si avrebbe dopo 3 gg dalla procedura raggiungendo un picco dopo 1-2 settimane (Yoshida); tra gli effetti collaterali si segnala la cosiddetta sindrome post-embolizzazione (nausea, vomito, dolore, febbre) a volte con ascite o/e un versamento pleurico sx (Abdella, Hadduck).  La percentuale di complicanze maggiori nei pz cirrotici sarebbe del 3,7% mentre di mortalità dell’1% (Hadduck, Ikeda). Le complicanze maggiori avvengono soprattutto quando il parenchima splenico embolizzato è superiore al 70%.

L’aumento del numero delle piastrine (Ikeda 2014) avviene sia dopo splenectomia che dopo PSE anche se appare un po’ più spiccato dopo splenectomia. L’effetto sembra massimo dopo un mese dalla procedura.

Già nel 2002 Sockrider riportava 3 casi di PSE per ipersplenismo in trapiantati di fegato; Kim nel 2012 riporta 11 casi di pz sottoposti a trapianto ed affetti da piastrinopenia o ascite dopo il trapianto; embolizzando il 30-60% del parenchima splenico i risultati furono efficaci sia per la piastrinopenia che per l’ascite. In 2 casi ci fu una recidiva della piastrinopenia.

In conclusione, in base ai dati attuali della Letteratura,  il trattamento con SPE della piastrinopenia soprattutto da ipersplenismo sembra una opzione promettente nel suo trattamento. Inizialmente impiegato nei pazienti cirrotici o nei pz HCV positivi da trattarsi con terapia antivirale, anche  l’uso nei pazienti trapiantati di fegato sembra promettente ed efficace.

 

Omer S et al, J Gastrointestin Liver Dis, 2014; 23 (2):215-18

Ikeda N et al, Hepatology Research 2014; 44: 829–836

Gangireddy VGR et al, Can J Gastroenterol Hepatol 2014;28(10):558-564

Abdella HM et al,  Indian J Gastroenterol 2010 (March–April):29(2):59–61

Mousa A, 2012, Vascular and Endovascular Surgery 46(6) 501-503

Sibulevski L, World J Gastroenterol 2009 October 28; 15(40): 5010-5013

Barcena R, Moreno A , Transplantation 2005; 79: 1634-1635

Kim H, Transplantation Proceedings, 44, 755–756 (2012)

Yoshida H, Hepatology Research 2008; 38: 225–233

Spigos DG, AJR Am J Roentgenol 1979; 132: 777-782

Hadduck TA, World J Radiol 2014 May 28; 6(5): 160-168

Sockrider CS, Clin Transplant 2002: 16 (Suppl. 7): 59–61