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Colecistectomia laparoscopica: casi particolari

Oggi il 90% delle colecistectomie sono effettuate con tecnica laparoscopica. La tecnica ricalca quella della colecistectomia laparotomica nel senso che nel corso dell’intervento è necessario una dissezione del triangolo di Calot.

Calot’s Triangle This is an anatomical space bounded by the common hepatic duct, the cystic duct and the inferior border of the liver.

Per triangolo di Calot, originariamente, si intendeva lo spazio tra dotto cistico, via biliare principale ed arteria cistica; attualmente si intende lo spazio tra dotto cistico, via biliare principale e margine inferiore del fegato: questo spazio è dunque attraversato dalla arteria cistica. Un interessante video reperibile in internet sulla tecnica della colecistectomia laparoscopica è riportato nel link qui sotto. Un particolare interessante è che la arteria cistica è spesso situata sotto un linfonodo presso il dotto cistico (Swanstrom).
Nel corso degli anni il numero delle controindicazioni alla colecistectomia per via laparoscopica è progressivamente diminuito. Rimangono in parte i casi con sospetto di ca. della colecisti, i casi con impossibilità ad identificare correttamente le strutture anatomiche e i casi con gravi disturbi della coagulazione.
Un cenno particolare deve essere fatto su tre situazioni: l’esistenza di chirurgia pregressa; una gravidanza; la cirrosi epatica.
Una chirurgia pregressa si accompagna spesso alla presenza di aderenze che a loro volta sono associate ad una maggiore rischio di conversione, cioè alla impossibilità di procedere per via laparoscopica. Sono ovviamente maggiormente a rischio coloro che sono stati operati a livello dell’addome superiore che non nell’inferiore. In realtà non tutti i pazienti con precedenti interventi chirurgici hanno aderenze, e, al contrario, l’assenza di una chirurgia pregressa non esclude la esistenza di aderenze.
Per quanto riguarda le gravidanze, ogni intervento chirurgico in gravidanza deve essere attentamente valutato; nei primi giorni di esperienze in laparoscopia si pensava che il pneumoperitoneo potesse diminuire il flusso sanguigno all’utero, determinare una acidosi fetale, e comunque una sofferenza fetale; questi rischi probabilmente sono stati sovrastimati. La laparoscopia ha dimostrato di essere sicura anche per il feto. Le indicazioni chirurgiche classiche, in caso di necessità di intervento, dicevano che era meglio aspettare dopo il secondo trimestre di gravidanza per intervenire; oggi si ritiene che si possa intervenire in tutti i trimestri della gravidanza; è necessario comunque tener presente che nel terzo trimestre l’utero ingrossato occupa gran parte della cavità addominale modificando quindi i piani anatomici. Nel caso di pazienti con patologia sintomatica della colecisti, procrastinare l’intervento può essere pericoloso e quindi è consigliabile un intervento chirurgico. Per facilitare l’operazione la paziente in sala operatoria dovrebbe essere ruotata a sinistra per allontanare l’utero dalla vena cava ed il gas impiegato dovrebbe essere mantenuto a basse pressioni; ovviamente la posizione dei trocar deve essere modificata in relazione alla posizione dell’utero.
I pazienti con cirrosi epatica ed ipertensione portale sono a rischio per qualsiasi intervento, non solo per una colecistectomia: il posizionamento degli accessi deve prestare attenzione ad eventuali circoli collaterali superficiali. Un altro rischio è il sanguinamento dal letto della colecisti che potrebbe essere evitato identificando correttamente il piano di scollamento della colecisti, inoltre utilizzando apparecchiature particolari come le pinze bipolari o specifici agenti emostatici come colle di fibrina e simili.

– Lee Swanstrom, 2013, 4a edizione, Mastery of endoscopic and laparoscopic surgery
-http://pie.med.utoronto.ca/tvasurg/tvasurg_content/assets/masterFolders/PB_difficultCholecystectomyModule/module/content/overview_standard/index.html

Colecistectomia e Gravidanza

Si tratta di un argomento sempre attuale. Le linee guida sono evolute negli ultimi anni (Jorge).
Come noto 1/500 sino a 1/635 donne gravide necessitano una chirurgia addominale non ostetrica nel corso della gravidanza; le patologie più frequenti sono le appendiciti, le colecistiti e le occlusioni intestinali. Il 10-31% delle donne gravide presentano sabbia biliare, mentre il 1-6% veri e propri calcoli (Jorge, Nasioudis). In realtà calcoli sintomatici della colecisti si hanno nello 0,5-2% delle donne gravide (Jorge). gravidanza
L’indicazione ad un intervento di colecistectomia in una donna gravida può essere dato più spesso da una colecistite (Nasioudis) quindi dalle coliche biliari, da un ittero da calcoli, da una pancreatite da calcoli e da una peritonite (Machado).
In base alle ultime linee guida l’ecografia risulta l’esame più efficace per una diagnosi iniziale; una indagine radiologica effettuata dalla settimana 1 alla 25 non deve superare i 5-10 rads; e comunque un singolo esame radiologico non deve superare i 5 rads. Una TAC addominale si situa in genere tra i 2-4 rads. (SAGES). Una NMR pare possa essere effettuata ma senza il mezzo di contrasto chiamato Gadolinium, così come una scintigrafia. Nel corso di una scopia per colangiografia invece è necessario usare una protezione per l’utero ed il feto. Una ERCP presenta rischi aggiuntivi quali un sanguinamento ed una pancreatite. Una laparoscopia diagnostica rappresenta una valida alternativa diagnostica in ogni periodo della gravidanza.
Una metanalisi effettuata nel 2016 su 9 studi ha evidenziato che non esiste differenza tra un trattamento conservativo ed un intervento chirurgico nelle patologie riconducibili a litiasi biliare in gravidanza in termini di parto prematuro e di mortalità del feto (Athwal).
Uno studio recente effettuato su 664 donne gravide, ha paragonato invece le colecistectomie laparoscopiche a quelle laparotomiche (Cox): in laparoscopia si sono avuti un significativo minor tempo chirurgico, ed altrettanto significativi minori tempi di degenza e minor numero di complicanze minori. Le complicanze maggiori sono risultate simili.
La prima colecistectomia laparoscopica in donna gravida è stata effettuata negli USA da Pucci nel 1991.
Nelle precedenti linee guida una laparoscopia doveva essere effettuata preferibilmente nel secondo trimestre di una gravidanza: i rischi sembravano fossero una incidenza del 12% di aborto spontaneo nel primo trimestre, ed un parto precoce con incidenza sino al 40% nel terzo trimestre. In base agli ultimi dati della Letteratura questo non sembra più vero ed anzi non operare una colecisti litiasica sintomatica potrebbe esporre a elevate frequenze di recidiva dei sintomi (40-60% dei casi)(Jorge) e, secondo alcuni, in maggiori rischi di complicanze (Jorge, Machado), quali colecistite e pancreatite da calcoli nel 23% dei casi (SAGES, Paramanathan, Agresta). Athwal segnala peraltro che secondo altri autori l’intervento chirurgico potrebbe presentare maggiori rischi nelle donne più anziane, o con precedenti chirurgie in anamnesi o nelle donne obese.
Oggi si ritiene che si possa comunque operare in sicurezza in laparoscopia durante tutta la gravidanza (SAGES, Agresta).
Un ampio studio del 2016 (Nasioudis) effettuato a sua volta su 51 articoli, ha analizzato i risultati di 590 colecistectomie laparoscopiche effettuate in gravidanza; di queste il 16.7% era stato effettuato nel terzo trimestre; complessivamente, su tutta la casistica, complicanze per la madre si ebbero nel 3,8% dei casi in sede intraoperatoria e nel 4% nel periodo postoperatorio. Un parto pretermine si ebbe nel 5,7% dei pazienti mentre la perdita del feto nello 0,4% dei casi. Altri autori segnalano una percentuale di parto pretermine dopo colecistectomia laparoscopica dello 0-20% mentre di perdita del feto dello 0-5,2% (Cox).
Un recente studio australiano con 22 pazienti operate prevalentemente comunque nel secondo trimestre di gravidanza riporta un tasso di conversione laparotomica del 14% (Paramanathan).

colecistectomia e gravidanzaDal punto di vista tecnico, in particolare nel terzo trimestre, la pz è posta in sede supina leggermente ruotata a sinistra di 30° (Eichenberg, Machado) o comunque posta in decubito laterale sinistro (SAGES, Agresta) per evitare una compressione cavale. Il posizionamento dell’accesso ottico e dei trocar deve essere adattato in base alle dimensioni uterine; a volte si raccomanda una prima sede di accesso sottocostale (soprattutto con l’ago di Veress che però viene usato più raramente nelle donne gravide – Nasioudis-), piuttosto che sovraombellicale, preferibilmente con l’Hasson, verificando sempre la sede del fondo dell’utero. E’ stato descritto infatti un caso di Pneumoamniom dopo puntura errata a livello uterino.
Le pressioni di insufflazione quindi possono essere le solite usate nelle colecistectomie mentre è utile un monitoraggio intraoperatorio della CO2 della paziente gravida. In base ad ampie casistiche non sembra invece sia utile il monitoraggio cardiaco del feto (Chohan) (nello stesso studio Chohan riporta le linee guida elaborate nel 2008 per diversi interventi chirurgici in corso di gravidanza).

Interventi di colecistectomia nel terzo trimestre di gravidanza non sono comunque frequenti in Letteratura (Eichenberg, Nasioudis); ciò nel timore di lesioni uterine o di un parto pre termine per manipolazione diretta uterina (Machado, Nasioudis). Soprattutto nel terzo trimestre il rischio di conversione potrebbe essere più elevato e ciò potrebbe influenzare comunque la decisione di procrastinare l’intervento a dopo il parto, nonostante le note recidive di coliche biliari nel corso della gravidanza (Jorge). Una pubblicazione abbastanza recente, del 2009, riporta 3 casi (Machado) di colecistectomia laparoscopica nel terzo trimestre senza alcuna complicanza né nella madre né nel feto.

1 Society of gastrointestinal and endoscopic Surgeons (SAGES) Surg Endosc, 2008; 22:849–861
2 Paramanathan A, Int J of surgery, 2015; 18:220-223
3 Jorge AM, Gastrointest Surg, 2015; 19:598–603
4 Machado NO, Surg Laparosc Endosc Percutan Tech 2009;19:439–441
5 Eichenberg DJ, Am Surg. 1996 Oct; 62 (10):874-7.
6 Agresta F, Langenbecks Arch Surg, 2015; 400:429–453
7 Cox TC, Surg. Endosc., 2016; 30:593-602.
8 Pucci RO, Am J Obstet Gynecol. 1991 Aug;165 (2) :401-2.
9 Chohan L, Clin obste gynecol, 2009; 52 (4), 557–569.
10 Nasioudis D, International Journal of Surgery, 2016; 27:165e-175
11 Athwal R, Hepatobiliary Surg Nutr, 2016; 5 (1): 53-57

Calcoli alla colecisti e gravidanza

Da un recente articolo italo-statunitense (De bari O; Cholesterol cholelithiasis in pregnant women: pathogenesis, prevention and treatment. Ann Hepatol. 2014 Nov-Dec;13(6):728-45) l’attenzione viene posta sul problema dei calcoli connessi allo stato di gravidanza.
Gli autori sottolineano che studi epidemiologici e clinici evidenziano che la prevalenza dei calcoli alla colecisti sia il doppio nelle donne che negli uomini a tutte le età ed in ogni popolazione. Le modifiche ormonali nel corso della gravidanza rendono le donne particolarmente a rischio. L’incidenza di “sabbia” biliare (situazione che precede la formazione dei calcoli) e di calcoli giungono durante la gravidanza ed il post-partum rispettivamente sino al 30 e 12%. Inoltre l’1-3% delle donne gravide vengono sottoposta a colecistectomia nel corso del primo anno dopo il parto, per problemi clinici o per complicanze varie.
Un recente studio Nigeriano effettuato su 1283 donne gravide tra i 14 ed i 43 anni di età (Ibitoye BO; Prevalence and complications of gallstone disease among pregnant women in a Nigerian hospital. Int J Gynaecol Obstet. 2014 Apr;125(1):41-3) ha evidenziato eco graficamente una incidenza di colelitiasi del 2,9%, di sabbia biliare del 2% e di polipi della colecisti, dello 0,2%. La maggior parte (56%) delle donne con calcoli della colecisti erano molto giovani, con età inferiore ai 30 anni; tra le donne senza calcoli all’inizio della gravidanza solo una (1,2%) evidenziò la comparsa di calcoli nel terzo trimestre. Infine solo 3 cioè lo 0,2% delle donne ebbero un quadro di colecistite e 2 vennero sottoposte ad intervento in laparoscopia, ma dopo il parto.
L’aumento dei livelli di estrogeni durante la gravidanza determinano importanti modifiche metaboliche a carico del sistema epatobiliare ed in particolare si può avere la formazione di una bile supersatura di colesterolo ed una scarsa motilità della colecisti, due fattori favorenti la formazione di calcoli.
Un’altra ipotesi postulata da alcuni autosi statunitensi (Wong AC; Carbohydrate intake as a risk factor for biliary sludge and stones during pregnancy. J Clin Gastroenterol. 2013 Sep;47(8):700-59) si è basata su esami ecografici di 3070 donne in gravidanza e dopo 4-6 settimane dopo il parto. L’incidenza di colelitiasi fu del 10,6% a 4-6 settimane dopo il parto. Venne evidenziata una relazione piuttosto stretta tra colelitiasi durante la gravidanza ed una dieta ricca di fruttosio, per cui la conclusione degli autori consigliava un trattamento dietetico durante la gravidanza. (si ricorda che il fruttosio è contenuto soprattutto in: miele, datteri, uva secca, fichi secchi, datteri secchi, prugne, uva, cocacola senza caffeina ed altri quali banane, melanzane, peperoni – mia nota).
L’approccio terapeutico è sostanzialmente conservativo durante la gravidanza onde evitare problemi biliari. Nella maggior parte delle donne gravide la sabbia biliare ed i calcoli tendono a scomparire spontaneamente dopo il parto. In alcune situazioni comunque questi persistono e necessitano un intervento. Operazioni quali una colecistectomia laparoscopica sono in genere ben tollerate da effettuarsi preferibilmente nel secondo trimestre di gravidanza o appunto, dopo il parto. Comunque, nonostante tale intervento sia scevro da rischi, si potrebbe considerare l’impiego di farmaci quali l’acido ursodesossicolico ed i prodotti più moderni quali l’ezetimibe, in grado di abbassare i lipidi.