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Colecistectomia e Gravidanza

Si tratta di un argomento sempre attuale. Le linee guida sono evolute negli ultimi anni (Jorge).
Come noto 1/500 sino a 1/635 donne gravide necessitano una chirurgia addominale non ostetrica nel corso della gravidanza; le patologie più frequenti sono le appendiciti, le colecistiti e le occlusioni intestinali. Il 10-31% delle donne gravide presentano sabbia biliare, mentre il 1-6% veri e propri calcoli (Jorge, Nasioudis). In realtà calcoli sintomatici della colecisti si hanno nello 0,5-2% delle donne gravide (Jorge). gravidanza
L’indicazione ad un intervento di colecistectomia in una donna gravida può essere dato più spesso da una colecistite (Nasioudis) quindi dalle coliche biliari, da un ittero da calcoli, da una pancreatite da calcoli e da una peritonite (Machado).
In base alle ultime linee guida l’ecografia risulta l’esame più efficace per una diagnosi iniziale; una indagine radiologica effettuata dalla settimana 1 alla 25 non deve superare i 5-10 rads; e comunque un singolo esame radiologico non deve superare i 5 rads. Una TAC addominale si situa in genere tra i 2-4 rads. (SAGES). Una NMR pare possa essere effettuata ma senza il mezzo di contrasto chiamato Gadolinium, così come una scintigrafia. Nel corso di una scopia per colangiografia invece è necessario usare una protezione per l’utero ed il feto. Una ERCP presenta rischi aggiuntivi quali un sanguinamento ed una pancreatite. Una laparoscopia diagnostica rappresenta una valida alternativa diagnostica in ogni periodo della gravidanza.
Una metanalisi effettuata nel 2016 su 9 studi ha evidenziato che non esiste differenza tra un trattamento conservativo ed un intervento chirurgico nelle patologie riconducibili a litiasi biliare in gravidanza in termini di parto prematuro e di mortalità del feto (Athwal).
Uno studio recente effettuato su 664 donne gravide, ha paragonato invece le colecistectomie laparoscopiche a quelle laparotomiche (Cox): in laparoscopia si sono avuti un significativo minor tempo chirurgico, ed altrettanto significativi minori tempi di degenza e minor numero di complicanze minori. Le complicanze maggiori sono risultate simili.
La prima colecistectomia laparoscopica in donna gravida è stata effettuata negli USA da Pucci nel 1991.
Nelle precedenti linee guida una laparoscopia doveva essere effettuata preferibilmente nel secondo trimestre di una gravidanza: i rischi sembravano fossero una incidenza del 12% di aborto spontaneo nel primo trimestre, ed un parto precoce con incidenza sino al 40% nel terzo trimestre. In base agli ultimi dati della Letteratura questo non sembra più vero ed anzi non operare una colecisti litiasica sintomatica potrebbe esporre a elevate frequenze di recidiva dei sintomi (40-60% dei casi)(Jorge) e, secondo alcuni, in maggiori rischi di complicanze (Jorge, Machado), quali colecistite e pancreatite da calcoli nel 23% dei casi (SAGES, Paramanathan, Agresta). Athwal segnala peraltro che secondo altri autori l’intervento chirurgico potrebbe presentare maggiori rischi nelle donne più anziane, o con precedenti chirurgie in anamnesi o nelle donne obese.
Oggi si ritiene che si possa comunque operare in sicurezza in laparoscopia durante tutta la gravidanza (SAGES, Agresta).
Un ampio studio del 2016 (Nasioudis) effettuato a sua volta su 51 articoli, ha analizzato i risultati di 590 colecistectomie laparoscopiche effettuate in gravidanza; di queste il 16.7% era stato effettuato nel terzo trimestre; complessivamente, su tutta la casistica, complicanze per la madre si ebbero nel 3,8% dei casi in sede intraoperatoria e nel 4% nel periodo postoperatorio. Un parto pretermine si ebbe nel 5,7% dei pazienti mentre la perdita del feto nello 0,4% dei casi. Altri autori segnalano una percentuale di parto pretermine dopo colecistectomia laparoscopica dello 0-20% mentre di perdita del feto dello 0-5,2% (Cox).
Un recente studio australiano con 22 pazienti operate prevalentemente comunque nel secondo trimestre di gravidanza riporta un tasso di conversione laparotomica del 14% (Paramanathan).

colecistectomia e gravidanzaDal punto di vista tecnico, in particolare nel terzo trimestre, la pz è posta in sede supina leggermente ruotata a sinistra di 30° (Eichenberg, Machado) o comunque posta in decubito laterale sinistro (SAGES, Agresta) per evitare una compressione cavale. Il posizionamento dell’accesso ottico e dei trocar deve essere adattato in base alle dimensioni uterine; a volte si raccomanda una prima sede di accesso sottocostale (soprattutto con l’ago di Veress che però viene usato più raramente nelle donne gravide – Nasioudis-), piuttosto che sovraombellicale, preferibilmente con l’Hasson, verificando sempre la sede del fondo dell’utero. E’ stato descritto infatti un caso di Pneumoamniom dopo puntura errata a livello uterino.
Le pressioni di insufflazione quindi possono essere le solite usate nelle colecistectomie mentre è utile un monitoraggio intraoperatorio della CO2 della paziente gravida. In base ad ampie casistiche non sembra invece sia utile il monitoraggio cardiaco del feto (Chohan) (nello stesso studio Chohan riporta le linee guida elaborate nel 2008 per diversi interventi chirurgici in corso di gravidanza).

Interventi di colecistectomia nel terzo trimestre di gravidanza non sono comunque frequenti in Letteratura (Eichenberg, Nasioudis); ciò nel timore di lesioni uterine o di un parto pre termine per manipolazione diretta uterina (Machado, Nasioudis). Soprattutto nel terzo trimestre il rischio di conversione potrebbe essere più elevato e ciò potrebbe influenzare comunque la decisione di procrastinare l’intervento a dopo il parto, nonostante le note recidive di coliche biliari nel corso della gravidanza (Jorge). Una pubblicazione abbastanza recente, del 2009, riporta 3 casi (Machado) di colecistectomia laparoscopica nel terzo trimestre senza alcuna complicanza né nella madre né nel feto.

1 Society of gastrointestinal and endoscopic Surgeons (SAGES) Surg Endosc, 2008; 22:849–861
2 Paramanathan A, Int J of surgery, 2015; 18:220-223
3 Jorge AM, Gastrointest Surg, 2015; 19:598–603
4 Machado NO, Surg Laparosc Endosc Percutan Tech 2009;19:439–441
5 Eichenberg DJ, Am Surg. 1996 Oct; 62 (10):874-7.
6 Agresta F, Langenbecks Arch Surg, 2015; 400:429–453
7 Cox TC, Surg. Endosc., 2016; 30:593-602.
8 Pucci RO, Am J Obstet Gynecol. 1991 Aug;165 (2) :401-2.
9 Chohan L, Clin obste gynecol, 2009; 52 (4), 557–569.
10 Nasioudis D, International Journal of Surgery, 2016; 27:165e-175
11 Athwal R, Hepatobiliary Surg Nutr, 2016; 5 (1): 53-57

La colecistectomia subtotale.

Jama surg

Gli interventi di colecistectomia non sono tutti uguali. Esistono colecistectomie “difficili”. In questi casi vi sono diverse possibilità; una di queste consiste nell’esecuzione di una colecistectomia subtotale. Uno studio interessante su questa opzione è stato effettuato recentemente, con un articolo da Autori del Kettering General Hospital in UK e del Department of Human Physiology, Laboratory of Biometry, University of Tor Vergata, Rome, Italy.

Si tratta di uno studio effettuato sulla base di articoli della Letteratura, con una metanalisi.

Una colecistectomia difficile sembra si abbia in circa il 16% delle colecistectomie aperte o laparoscopiche. Tra le tecniche impiegate vi sono la colecistostomia (per ovviare alla infiammazione della colecisti), oppure la colecistectomia partendo dal fondo (contrariamente alla tecnica usuale) o, appunto, la colecistectomia subtotale. Lo scopo di queste tecniche è di evitare lesioni della via biliare principale, cioè del coledoco.

La colecistectomia subtotale asporta solamente parti della colecisti e non la colecisti nella sua interezza.
Da una raccolta iniziale di 750 articoli, 30 vennero ritenuti idonei per lo studio comprendendo complessivamente 1231 pazienti sottoposti ad una  colecistectomia rivelatasi difficile.
La tecnica della colecistectomia subtotale consiste nell’aprire o perforare la colecisti a livello del fondo o della tasca di Hartmann, aspirandone il contenuto, quindi nella resezione ed asportazione della parete anteriore; poi si procede ad asportazione ma più spesso a coagulazione della parete posteriore che rimane attaccata al letto della colecisti; il cistico quindi viene suturato dall’interno o clippato o legato (endoloop, endoGIA) o viene effettuata una borsa di tabacco sul moncone di colecisti. Viene quindi posizionato in genere un drenaggio.

Le complicanze postoperatorie riportate dai vari studi comprendono:
– una fistola biliare nel 18% dei casi (in particolare nel 42% dei casi in cui il cistico non viene chiuso, nel 16% nel caso esso venga chiuso, nel 20% dei casi in cui la parete post della colecisti non venga asportata e nel 7% nel caso lo sia, nel 31% delle colecistectomie laparoscopiche e nel 6% di quelle laparotomiche). Tali fistole si risolsero spontaneamente e rapidamente (tra la 4° e la 12° giornata postoperatoria solo nel 5% dei pazienti).
– Una raccolta sottoepatica nel 2,9% dei casi (in particolare nel 19% dei casi in cui il cistico non viene chiuso, nell’1,5% nel caso esso venga chiuso)
– Una lesione del coledoco nello 0,08% dei pazienti, una emorragia nello 0.3%, una ritenzione di calcoli nel 3%.
– La necessità di una Colangiografia retrograda (ERCP) nel 4% dei pazienti (causa la ritenzione di calcoli nel 58% dei casi, e nel 30% per persistenza di una fistola biliare).
– Un reintervento vero e proprio nell’1,8% dei pazienti e nel 5% dei casi in cui il cistico non era stato chiuso.

La mortalità dopo 30 giorni è riportata dello 0,4%. Complessivamente non ci sono differenze statisticamente significative a seconda che il cistico venga chiuso o no, o che la parete post della colecisti venga asportata o no. Comunque l’approccio laparoscopico rispetto a quello laparotomico presenta minore morbidità e mortalità.
L’incidenza di complicanze del coledoco risulta quindi più bassa nelle colecistectomia subtotali che in quelle totali (0,08% in laparoscopiche e laparotomiche vs 0,4% nelle laparoscopiche). In particolare tale complicanza risulta praticamente assente nei casi in cui il cistico o il moncone della colecisti non viene chiuso.
Una emorragia è assente nei casi in cui, soprattutto nei pazienti cirrotici, la parete post della colecisti non venga asportata.
Fistole biliari e raccolte sottoepatiche sono prevedibilmente più frequenti nelle colecistectomie subtotali (18% vs 0,3% nel primo caso e 2,9% vs 0,1% nel secondo). L’incidenza di queste complicanze sarebbero maggiori nei pazienti cirrotici.
L’incidenza di reinterventi chirurgici e di mortalità sarebbe maggiore nelle colecistectomie subtotali che nelle totali (1,8% vs 0,2%; 0,4% vs 0,08%) ma non ci sarebbero differenze a seconda che il cistico o il moncone della colecisti venga chiuso o che la parete post della colecisti venga asportata.
In conclusione la colecistectomia subtotale è una tecnica che deve essere presa in considerazione nelle colecistectomie difficili, in particolare in quanto evita lesioni del coledoco. Ovviamente non può sostituire la classica colecistectomia totale.

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Mohamed Elshaer, MD; Gianpiero Gravante,MD, PhD; Katie Thomas, MD, PhD; Roberto Sorge, PhD; Salem Al-Hamali, MD; Hamdi Ebdewi, MD
Subtotal Cholecystectomy for “Difficult Gallbladders”. Systematic Review and Meta-analysis
JAMA Surg. doi:10.1001/jamasurg.2014.1219 Published online December 30, 2014.

Jama surg

Valutazione preoperatoria di rischio nella colecistectomia laparoscopica

E’ uscito recentemente un articolo che ritengo interessante, a proposito delle colecistectomie laparoscopiche.
Esso valuta il rischio che una colecistectomia laparoscopica possa risultare complicata ed analizza alcuni fattori che potrebbero dare una valutazione quantitativa pre-operatoria della eventuale difficoltà dell’intervento.
L’articolo è interessante anche in quanto raccoglie nella bibliografia alcuni articoli, scritti dal 1998 al 2014, che più volte hanno cercato di individuare appunto i vari fattori di rischio.
La novità di questo studio, che ha analizzato 586 colecistectomie per calcoli in elezione in un ospedale della Slovacchia, è che riguarda essenzialmente l’analisi di 9 fattori unicamente pre-operatori (e non per esempio intra-operatori) e che considera come espressione di difficoltà non la sola conversione chirurgica da laparoscopia a laparotomia, ma una valutazione “continua” del grado di difficoltà effettuata dal chirurgo operatore.
I fattori preoperatori presi in considerazione sono stati il sesso maschile, una colica biliare occorsa meno di 3 settimane prima di una chirurgia, una storia di colecistite acuta trattata in modo conservativo, una pregressa chirurgia addominale nell’addome superiore, dolore in ipocondrio destro, una difesa nello stesso settore, ed alcuni dati ecografici quali una parete della colecisti ispessita (≥ 4 mm) o idropica (diametro ≥ 4,5 cm) o atrofica. Ad ognuno di questi parametri venne attribuito un punto, mentre 2 per la chirurgia pregressa in addome superiore. La difficoltà dell’intervento venne valutata in base al tempo operatorio e da un punteggio di valutazione soggettivo postoperatorio effettuato dal chirurgo operatore (punteggi da 0= nessun problema, a 4=conversione).
Al termine si trovò una correlazione tra il tempo operatorio e la valutazione postoperatoria del chirurgo; tra il rischio preoperatorio e la valutazione postoperatoria del chirurgo; tra il punteggio preoperatorio ed il tempo operatorio. Infine si individuò una correlazione tra il punteggio preoperatorio e sia il tempo chirurgico che la valutazione postoperatoria del chirurgo che la percentuale di conversione della chirurgia.
Al termine dello studio vennero dunque catalogati 5 livelli di difficoltà (con punti 0, 1, 2, 3, ≥4) che presentavano differenze significative in tempi operatori, valutazione postoperatoria e percentuali di conversioni da una colecistectomia laparoscopica a quella laparotomia.
Il rischio 0, corrispondente a 0 punti è relativo ad un intervento semplice; il rischio 1, con 1 punto ad una chirurgia con problemi minimi; il rischio 2 con 2 punti ad una chirurgia difficile; il rischio 3, con 3 punti, ad una chirurgia molto difficile; il rischio 4, con punteggio uguale o superiore a 4, a situazioni di conversione.
Il punteggio deve comunque essere validato da altri chirurghi.

Bibliografia:
Marek Soltes, Jozef Radonak
A risk score to predict the difficulty of electove laparoscopic cholecystectomy
Videosurgery Miniinv 2014; 9(4): 608-12

Calcoli alla colecisti e gravidanza

Da un recente articolo italo-statunitense (De bari O; Cholesterol cholelithiasis in pregnant women: pathogenesis, prevention and treatment. Ann Hepatol. 2014 Nov-Dec;13(6):728-45) l’attenzione viene posta sul problema dei calcoli connessi allo stato di gravidanza.
Gli autori sottolineano che studi epidemiologici e clinici evidenziano che la prevalenza dei calcoli alla colecisti sia il doppio nelle donne che negli uomini a tutte le età ed in ogni popolazione. Le modifiche ormonali nel corso della gravidanza rendono le donne particolarmente a rischio. L’incidenza di “sabbia” biliare (situazione che precede la formazione dei calcoli) e di calcoli giungono durante la gravidanza ed il post-partum rispettivamente sino al 30 e 12%. Inoltre l’1-3% delle donne gravide vengono sottoposta a colecistectomia nel corso del primo anno dopo il parto, per problemi clinici o per complicanze varie.
Un recente studio Nigeriano effettuato su 1283 donne gravide tra i 14 ed i 43 anni di età (Ibitoye BO; Prevalence and complications of gallstone disease among pregnant women in a Nigerian hospital. Int J Gynaecol Obstet. 2014 Apr;125(1):41-3) ha evidenziato eco graficamente una incidenza di colelitiasi del 2,9%, di sabbia biliare del 2% e di polipi della colecisti, dello 0,2%. La maggior parte (56%) delle donne con calcoli della colecisti erano molto giovani, con età inferiore ai 30 anni; tra le donne senza calcoli all’inizio della gravidanza solo una (1,2%) evidenziò la comparsa di calcoli nel terzo trimestre. Infine solo 3 cioè lo 0,2% delle donne ebbero un quadro di colecistite e 2 vennero sottoposte ad intervento in laparoscopia, ma dopo il parto.
L’aumento dei livelli di estrogeni durante la gravidanza determinano importanti modifiche metaboliche a carico del sistema epatobiliare ed in particolare si può avere la formazione di una bile supersatura di colesterolo ed una scarsa motilità della colecisti, due fattori favorenti la formazione di calcoli.
Un’altra ipotesi postulata da alcuni autosi statunitensi (Wong AC; Carbohydrate intake as a risk factor for biliary sludge and stones during pregnancy. J Clin Gastroenterol. 2013 Sep;47(8):700-59) si è basata su esami ecografici di 3070 donne in gravidanza e dopo 4-6 settimane dopo il parto. L’incidenza di colelitiasi fu del 10,6% a 4-6 settimane dopo il parto. Venne evidenziata una relazione piuttosto stretta tra colelitiasi durante la gravidanza ed una dieta ricca di fruttosio, per cui la conclusione degli autori consigliava un trattamento dietetico durante la gravidanza. (si ricorda che il fruttosio è contenuto soprattutto in: miele, datteri, uva secca, fichi secchi, datteri secchi, prugne, uva, cocacola senza caffeina ed altri quali banane, melanzane, peperoni – mia nota).
L’approccio terapeutico è sostanzialmente conservativo durante la gravidanza onde evitare problemi biliari. Nella maggior parte delle donne gravide la sabbia biliare ed i calcoli tendono a scomparire spontaneamente dopo il parto. In alcune situazioni comunque questi persistono e necessitano un intervento. Operazioni quali una colecistectomia laparoscopica sono in genere ben tollerate da effettuarsi preferibilmente nel secondo trimestre di gravidanza o appunto, dopo il parto. Comunque, nonostante tale intervento sia scevro da rischi, si potrebbe considerare l’impiego di farmaci quali l’acido ursodesossicolico ed i prodotti più moderni quali l’ezetimibe, in grado di abbassare i lipidi.