Fistole pancreatiche post-resezione

Le fistole pancreatiche hanno una incidenza che in letteratura è variabile a seconda delle definizioni.
In realtà la stessa definizione di deiscenza (leak) o Fistola pancreatica non è saldamente acquisita anche se l’international Study Group on Pancreatic Fistula (ISGPF) ha cercato di fornirne una: la definizione più comune è “una fuoriuscita attraverso un drenaggio posto in sede di intervento o successivamente, di una qualsivoglia quantità di liquido dalla 3° giornata postoperatoria inclusa, con un contenuto di amilasi uguale o superiore a 3 volte il limite superiore dei valori normali serici” (Bassi 2008). Da tener presente che la deiscenza rappresenta la forma acuta mentre la fistola rappresenta una deiscenza ormai cronicizzata e controllata (Mahvi 2009).
L’incidenza di fistole pancreatiche è elevata sia nelle pancreasectomie distali (Molinari 2007: 33%) che nelle cefalo duodeno (Molinari 2007:14%) e particolarmente specifica per i pancreas “soffici” e, secondo alcuni nei wirsung con diametro ≤ 3 mm (Basi 2008). La persistenza invece dei drenaggi addominali oltre POD 8 è correlata con un’alta incidenza di complicanze addominali, in quanto si ritiene che da POD 7 i drenaggi possano essere fonte di infezione (Molinari).
Le fistole pancreatiche sono ulteriormente suddivise in ad alta o bassa portata a seconda che la quantità nei drenaggi sia > o < a 200 cc (Bassi 2008). Dalla Letteratura si evince che la correlazione tra il valore delle amilasi nei drenaggi e la insorgenza di una fistola pancreatica, non è ancora chiaro (Molinari 2007). Ad ogni modo la presenza di una amilasemia > 5000 UI nel drenaggio parapancreatico in POD 1 è altamente predittivo di fistola pancreatica (Molinari 2007), per cui tali pazienti potrebbero beneficiare di un digiuno più prolungato e di maggiore attenzione mentre i pazienti con amilasi nei drenaggi < 5000 UI in POD 1 potrebbero essere trattati con una rimozione precoce (POD 7-8) dei drenaggi stessi.
Clinicamente si distinguono tre gradi di fistola pancreatica post operatoria (POPF): la forma “A” non ha caratteri clinici evidenti, con un paziente che sta bene e con una TAC negativa per raccolte. Il tipo “B” è caratterizzato da pazienti con febbre, leucocitosi e dolore e con immagini liquide alla TAC che richiedono un ri-posizionamento dei drenaggi addominali; il trattamento è a base di AB e di somatostatina; la degenza è prolungata ed i paziente può essere dimesso con i drenaggi ancora in sede. Il Tipo “C” è caratterizzato da un quadro clinico più grave, con raccolta endoaddominale, tendenza alla sepsi, alla necessità di TPN ed eventualmente di rianimazione; Da notare che nei tipi “B” e “C” è auspicabile una fistolografia per evidenziare se l’ansa viene visualizzata immediatamente il che potrebbe significare che il drenaggio deve essere modicamente ritirato (Bassi 2008).
La diagnosi oltre che clinica si basa sulla TAC che evidenzia raccolte addominali con anche minimi contenuti aerei (Bassi 2008).
Nelle forme A e B (85%) dei casi è sufficiente un trattamento conservativo con liquidi, AB, digiuno e somatostatina/Octreotide (anche se discussi in quanto la riduzione volumetrica della fistola non influenza la fistola stessa – Mahvi 2009). Nel tipo 3 esistono diverse opzioni che includono comunque un re intervento con drenaggio multiplo, o conversione anastomotica, pancreasectomia o chiusura della anastomosi. Un re intervento è comunque raramente indicato in pazienti ormai fragili che è meglio trattare in modo conservativo. Nelle fistole croniche il ritiro del drenaggio è sufficiente per determinare un aumentata resistenza al liquido e quindi chiudere la fistola (Mahvi 2009).